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Venerdì 22 aprile 2022
17:30
Spazio Contemporanea
screenings

KITÂB AL-ISFÂR: BOOK OF THE JOURNEY

a cura di Zoe Meyer

Ingresso gratuito fino a esaurimento posti

Testo introduttivo

 

È un giorno strano e piacevole quello in cui ci si ritrova a scrivere del viaggio che il proprio maestro ha fatto alla ricerca di un maestro. Questo semplice atto incarna nel profondo due temi centrali di Kitâb al-Isfâr: Book of the Journey: la comunicazione trans-temporale e la relazione tra allievo e insegnante.
Baba è stato a lungo il mio mentore, a partire dal nostro primo incontro nei primi anni della mia formazione al Hampshire College. Baba mi ha insegnato a filmare in Super 8, mi ha avvicinato alla performance, e ha ascoltato con attenzione i rimbombi nascosti dietro le mie immagini e le mie parole. Baba è stata un primo fondamentale sguardo sul mio lavoro, una di quelle preziose prime voci di cui ogni giovane artista ha bisogno, quella che afferma in modo chiaro “questa è arte, e tu sei un artista”. E come accade di frequente con un buon insegnante d’arte, la guida di Baba è spesso sfociata nella dimensione spirituale. E ora con grande gioia ho l’occasione di sedermi e scrivere di un’opera d’arte con cui sento una profonda connessione, realizzata da un’artista che mi ha totalmente influenzato.
Kitâb al-Isfâr: Book of the Journey è soprattutto un pellegrinaggio nel tempo. Mentre Baba fa da testimone al suo giovane sé, noi siamo testimoni del loro reciproco trovarsi, perdersi, ritrovarsi. Baba ci trasporta in un viaggio spirituale lungo una vita, in cui non si trovano risposte individuali ma piuttosto un archivio cangiante di intuizioni, orientamenti e visioni spirituali. È una di quelle storie in cui si riconosce che le possibilità di raggiungere qualcosa sono spesso molto più seducenti di ciò che effettivamente stiamo cercando di raggiungere.
Il racconto che Baba fa dell’esperienza di pre-morte vissuta quando era giovane, parla con grande onestà di ciò che possiamo comunemente chiamare trauma. Una delle mie definizioni preferite di trauma è di Annie Rogers, mia ex insegnante e collega di Baba al Hampshire College. Rogers definisce il trauma L’indicibile, ciò che sfugge al linguaggio comune e che parla piuttosto per codici e sintomi. E invece di provare a forzare questa esperienza indicibile all’interno di un linguaggio condiviso, Baba decide di incontrarla alle sue condizioni, di seguirla onestamente nel suo evolversi e tracciare i propri alfabeti, sia visivi che linguistici.
Questo è un film che parla dei modi magici con cui la vita ci spinge avanti, attraverso siccità e inondazioni, guarigioni fisiche, mentali e spirituali. Mettiamo un piede davanti all’altro, alla ricerca, fino a quando quello strano e tanto atteso momento di riflessione ci arriva improvvisamente addosso. Questo film è un dono, una generosa esplorazione di questo percorso di viaggio e riflessione. Dal mio punto di vista incredibilmente fortunato, è un film su insegnanti e studenti. Come Sidi Said disse a Baba, “conoscerai il tuo insegnante, perché ti toccherà il cuore”.
– Zoe Meyer
Introductory Text

 

It is a strange and pleasurable day when one can sit and write about their teacher’s journey towards finding a teacher. This simple act embodies at its heart two central themes of Kitâb al-Isfâr: Book of the Journey: trans-temporal communication, and the relationship between student and teacher.
Baba has long been my mentor, starting promptly after our first introduction in the early years of my education at Hampshire college. Baba introduced me to the medium of Super 8 filmmaking, encouraged me towards performance, and listened closely to the rumblings hidden under my images and words. Baba was a crucial early eye towards my work, one of those precious first voices that every young artist needs that states so clearly “this is art, and you are an artist.” And as is often true with a good art teacher, Baba’s guidance has often drifted into the realm of the spirit. It is with great joy that I now have this occasion to sit down and write about a piece of art that communes with me so deeply from an artist who has influenced me so completely.
Kitâb al-Isfâr: Book of the Journey is, above all, a pilgrimage of temporality. As Baba bears witness to her younger self, we witness the two of them as they find, lose, and find each other again. Baba brings us through a lifelong spiritual journey, giving not singular answers but instead a shifting archive of intuition, guidance, and spiritual visions. This story is one that recognizes that the reach is often far more luscious than what we are actually reaching for.
Baba’s portrayal of her near-death experience as a young woman is one that speaks the most honestly to what we may communally call trauma. One of my favorite definitions of trauma comes from Annie Rogers, my former teacher and colleague of Baba at Hampshire college. Rogers names trauma The Unsayable, that which evades common language and instead speaks in codes and symptoms. And instead of trying to force this unsayable experience into a shared language, Baba decides to meet it on its own terms, following it honestly through its evolution as it works to map its own alphabets, both visual and linguistic.
This is a film that speaks to the magical ways in which life propels us forward, continuing through drought and flood, through physical, mental, and spiritual recoveries. We put one foot in front of the other, searching, until that strange and long-anticipated moment of reflection is suddenly upon us. This film is a gift, a generous insight into this process of journey and reflection. From my incredibly lucky vantage point, it is a film about teachers and students. As Baba was told by Sidi Said, “you will know your teacher, because they will touch your heart.”
– Zoe Meyer

KITÂB AL-ISFÂR: BOOK OF THE JOURNEY

Baba Hillman, Francia, 2020, 16mm/S8 > HD, 58 min.,
Arabo, inglese, francese, spagnolo (sott. ita) – con la presenza dell’autrice

 

“Cosa rimane delle emozioni, dei sogni, dei desideri, quando uno scompare?” Muovendosi tra passato e presente, fra rituale e sogno, questo capolavoro intimo di Baba Hillman esplora la mistica esperienza ai confini della morte in una meditazione sul tempo e la memoria, è un rituale per disperdere l’oscurità.
In quella che è un’esplorazione poetica di un ritorno durato sette anni attraverso Spagna, Scozia e Norvegia, “Kitab al-Isfar” mescola storie storie di pre-morte, esperienze mistiche a maestri e compagni di viaggio incontrati lungo il percorso.

 

“What remains of emotions, dreams, desires, when one disappears?” Moving between past and present, between ritual and dreams, Baba Hillman’s quiet masterpiece is a meditation on time and memory, a ritual to ward off the darkness.
In a poetic exploration of a seven-year journey of return to Spain, Scotland and Norway, “Kitab al-Isfar” weaves together stories of near-death and mystical experience, of teachers and fellow-travelers met along the way.

 

CREDITS
Director, Cinematography, Editing, Sound: Baba Hillman
with: Mary Bauermeister, Denis Gril, Ximena Kilroe, Sidi Saïd
Country of Production: France
“Kitâb al-Isfâr: Book of the Journey” di Baba Hillman – un vero capolavoro del suo genere – qui, la ricerca è triplice: cinematografica, personale e spirituale. Questi tre principi si combinano e si configurano in un’esperienza nel senso mistico del termine: è proprio questo che sei cerca qui. Ma la domanda è anche: è in grado il cinema di tradurre i pensieri mistici? Sì. E il film lo dimostra. Le immagini scorrono come se fossero collegate direttamente al sistema nervoso e incarnassero un’esperienza mistica (vicina ai limiti dell’essere, dello spirito, della scrittura) attingendo agli insegnamenti di uno dei maestri del pensiero Sufi, Ibn ‘Arabi, poliglotta come il film, che sovrappone almeno tre lingue: arabo, inglese e spagnolo. Senza contare l’uso sofisticato del linguaggio.”
“Kitâb al-Isfâr: Book of the Journey”, by Baba Hillman – a true masterpiece of its kind – here, the quest is threefold: cinematographic, personal and spiritual. These three principles combine and give the configuration of an experience in the mystical sense of the term: which is what is sought here. The question is also: can cinema translate mystical thought? Yes. This film proves it. The images that flow here are as if “live-wired” to the nervous system and embody mystical experience (close to the limits of being, of spirit and of writing) drawing on teachings of one of the masters of Sufi thought, Ibn ‘Arabi, polyglot as is the film, which overlaps at least three languages, Arabic, English and Spanish. Not to mention the sophisticated use of cinematic language.”
“Kitâb al-Isfâr: Book of the Journey”, de Baba Hillman – un vrai chef-d’œuvre en son genre – ici, la quête est triple : cinématographique, personnelle et spirituelle. Ces trois principes se mélangent et donnent la configuration d’une expérience au sens mystique du terme : ce qui est, ici, recherché. La question est aussi : le cinéma peut-il traduire la pensée mystique ? Oui. Ce film le prouve. Les images qui en découlent sont comme « psycho branchés » sur le système nerveux et tentent de restituer l’expérience mystique (proche des limites de l’être, de l’esprit et de l’écriture) d’un des maîtres de la pensée soufie, Ibn ‘Arabi, polyglotte comme le film qui chevauche au moins trois langues, l’espagnol, l’arabe et l’anglais. Sans compter le langage sophistiqué du cinéma.”
– Raphaël Bassan
“Un film molto bello, strabordante di poesia e bellezza. La capacità di cogliere i fenomeni e tutte le forme di alterità è meravigliosa.”
“A very beautiful and poetic film. The filmmaker’s receptivity to phenomena and all forms of otherness is marvelous.”
“Très beau film, débordant de poésie et de beauté. La capacité d’accueil aux phénomènes et à toute forme d’altérité est merveilleuse.”
– Nicole Brenez
“At once a real and an inner voyage, stemming from a near-death experience in the mountains north of Malaga, how can one express the upheaval and the mystical experience that followed? The film progresses step by step, like a diary of questions raised by encounters, first in Spain, then bouncing from Paris to Norway, from the United States to Scotland, places that are brought up in bits and pieces, highlighted by the sensuality of 8 and 16 mm. Added to that are snatches of voices, that of Denis Gril, a specialist of Sufi mysticism, or that of artist Mary Bauermeister…A spiritual quest, a gathering of scattered fragments, resonating with each other, like a stammering thought in search of itself. This fragile and patchy interval plays with gaps and chasms in the undercurrent of words, punctuated with images that have been returned to their silence or with black screens, as so many breaches and thresholds…a film composed like a poem, inspired by the words of master of Sufi mysticism, poet and philosopher Ibn ‘Arabi, the author of Kitab al-Isfar: The Unveiling of the Effects of the Voyage, who wrote that “The journey only has true meaning if it brings a new beginning. Traveling, the heart becomes the goal of the journey.”
“At once a real and an inner voyage, stemming from a near-death experience in the mountains north of Malaga, how can one express the upheaval and the mystical experience that followed? The film progresses step by step, like a diary of questions raised by encounters, first in Spain, then bouncing from Paris to Norway, from the United States to Scotland, places that are brought up in bits and pieces, highlighted by the sensuality of 8 and 16 mm. Added to that are snatches of voices, that of Denis Gril, a specialist of Sufi mysticism, or that of artist Mary Bauermeister…A spiritual quest, a gathering of scattered fragments, resonating with each other, like a stammering thought in search of itself. This fragile and patchy interval plays with gaps and chasms in the undercurrent of words, punctuated with images that have been returned to their silence or with black screens, as so many breaches and thresholds…a film composed like a poem, inspired by the words of master of Sufi mysticism, poet and philosopher Ibn ‘Arabi, the author of Kitab al-Isfar: The Unveiling of the Effects of the Voyage, who wrote that “The journey only has true meaning if it brings a new beginning. Traveling, the heart becomes the goal of the journey.”
“Voyage, tout à la fois réel et intérieur, avec pour origine une expérience de la mort…comment se saisir du bouleversement qui en a découlé et de l’expérience mystique qui s’en est immédiatement suivie ? Le film avance pas à pas, journal des questionnements qui se déplient selon des rencontres, en Espagne, puis menant, par rebonds, de Paris à la Norvège, des Etats-Unis à l’Ecosse, lieux évoqués par éclats, soulignés par la sensualité du 8 et du 16 mm. S’y ajoutent des bribes de voix, celle de Denis Gril, penseur de la mystique soufie, ou bien celle de l’artiste Mary Bauermeister. Le parti pris de cette quête spirituelle est celui de l’incomplétude, assemblage de fragments épars, qui entrent en résonance, bégaiements d’une pensée à la recherche d’elle-même. Cet entre-deux fragile et lacunaire joue des écarts et des abimes dans l’en-deçà des mots, ponctué d’images rendues à leur silence ou d’écrans noirs, comme autant de trouées et autant de seuils…un film composé comme un poème, nourri des mots du maître de la mystique soufie, le poète et philosophe Ibn ‘Arabi, auteur de Kitab al-Isfar, le Livre du dévoilement des effets des voyages, selon qui « le voyage n’a de vrai sens que s’il apporte un nouveau commencement. En voyageant, le cœur devient le but du voyage.”
– Nicolas Feodoroff
BABA HILLMAN / BIOGRAPHY

 

Baba Hillman è cresciuta in Giappone, Venezuela e Panama e lavora tra Francia e Stati Uniti. Ha ricevuto una laurea dalla Duke University e un Master in Belle Arti dalla University of California, e a San Diego ha studiato con Jean-Pierre Gorin. I suoi film e performance esplorano la percezione, la transitorietà, la storia, la poetica, la politica di un luogo, di un linguaggio, di un corpo.
I suoi film sono stati ampiamente proiettati durante festival e musei inclusi per esempio il Museo di Arte Contemporanea di Los Angeles, il Festival Internazionale di Marsiglia, Edinburgh Film Festival, il Rencontres Internationales di Parigi, Ann Arbor Film Festival di Berlino, la National Gallery of Art a Washington D.C., Anthology Film Archives, ICAIC Havana, Africa World Documentary Festival, Yaounde, MIX Brazil, and European Media Art Festival, Osnabruck, among others. È stata inoltre regista del Teatro Movimento, un gruppo di performance multimediali con sede a Firenze e ha lavorato come performer e coreografa con Etienne Decroux, Eleanor Antin e il teatro di Sledgehammer. Ha ricevuto vari premi e sovvenzioni da Ministro della cultura francese, dalla Whiting Foundation, dal California Arts Council, e dalle amministrazioni cittadine italiane di Firenze, Lecce e Certaldo. È docente emerita di cinema al Hampshire College e insegna al Hampshire Super 8 corsi di filmmaking a Parigi.
Nel 2020, il film di Hillman Kitâb al-Isfâr: Book of the Journey, un lungometraggio sulla premorte e sulle esperienze mistiche in Andalusia, è stato premiato al Festival Internazionale di Marsiglia. I film precedenti della Hillman includono Decroux’s Garden, e 5 Cité de la Roquette, parti di una serie di film connessi al ritorno, al luogo e alla scomparsa.

 

Baba Hillman grew up in Japan, Venezuela and Panama and works between France and the U.S.. She received a B.A. from Duke University and an M.F.A. from University of California, San Diego where she studied with Jean-Pierre Gorin. Her films and performance works explore perception, transience and history and the poetics and politics of place, language, and the body.
Her films have screened widely at festivals and museums including the Museum of Contemporary Art, Los Angeles, FIDMarseille, Edinburgh Film Festival, Rencontres Internationales Paris/Berlin, Ann Arbor Film Festival, National Gallery of Art, Washington D.C., Anthology Film Archives, ICAIC Havana, Africa World Documentary Festival, Yaounde, MIX Brazil, and European Media Art Festival, Osnabruck, among others. She was director of Teatro Movimento, a multi-media performance group based in Florence and has worked as a performer and choreographer with Etienne Decroux, Eleanor Antin and Sledgehammer Theatre. She has received awards and grants from the French Ministry of Culture, the Whiting Foundation, the California Arts Council, and the Italian city governments of Florence, Lecce and Certaldo. She is Professor Emerita of Film at Hampshire College and teaches the Hampshire Super 8 Filmmaking course in Paris.
In 2020, Hillman’s film Kitâb al-Isfâr: Book of the Journey, a feature-length film about near-death and mystical experiences in Andalucia, premiered at the FIDMarseille film festival. Earlier films by Hillman include Decroux’s Garden, and 5 Cité de la Roquette, part of a series of films connected to return, place and disappearance.
FILMOGRAPHY
5 cité de la Roquette / 2016
Salt / 2015
Jacumba Song / 2013
Decroux’s Garden / 2012
Fati and Aissata / 2010
Par Vos Yeux / 2008
Passage / 2004
There;done / 2000

MACHINALIVE Program 

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