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Venerdì 22 aprile 2022
20:30
Spazio Contemporanea
screenings / 16mm

LA TERRATRAMA – ELKE MARHÖFER

a cura di Tommaso Isabella

Ingresso gratuito fino a esaurimento posti

Elke Marhöfer è parte dell’incontro LA TERRATRAMA
con e a cura di Tommaso Isabella,
in programma sabato 23 Aprile, ore 10.30, @ LABA sede via Privata de Vitalis.

SOILS _ HABIT _ PLANTS

Elke Marhöfer, Giappone, 2017, 16mm, 11 min.
With Mikhail Lylov
Se i movimenti e i ritmi non fossero quelli di un Io riconoscibile e individuato, se ci fossero ramificazioni e cambi frattali di percorso e direzione, in costante mutazione e variazione, la percezione non sarebbe ancorata a un punto di vista. Si potrebbe così comprendere il cinematografico in quanto inumano, intuire la Terra come ritmo senza corpo, danzatrice senza danza. (Claire Colebrook)
If movements and rhythms were not those of a recognizable and individuated ‘I’, if there were ever-shifting, ever-varying, branching and fractal changes of path and direction, perception would not be grounded in a point of view. One might arrive at the cinematic as the inhuman, the intuition of the Earth as rhythm without body, dancer without dance. (Claire Colebrook)

PRENDAS – NGANGAS – ENQUISOS – MACHINES {EACH PART WELCOMES THE OTHER WITHOUT SAYING}

Elke Marhöfer, Cuba, 2014, 16mm > HD, 27 min.
Come possiamo collegare il più-che-umano con lo storico, e in particolare con lo spazio decoloniale, senza approfondire le violazioni già inflitte sia agli umani che ai non umani? La “regione selvaggia” di Yateras a Cuba è informata da una storia lunga e stratificata. Quello che a prima vista appariva come un ecosistema primigenio, risulta in realtà il prodotto di pratiche umane e non umane. Il film raccoglie gli affetti e i modi di attività di piante e animali i cui antenati furono trasferiti nel Nuovo Mondo e si trovarono a colonizzare la nuova terra [con i loro umani] come una squadra. Sui versanti delle montagne ho trovato giardini coltivati secondo i metodi dei nativi amerindi. L’albero di mango e il bambù che crescono in foreste apparentemente primordiali migrarono in origine a Cuba dall’India e dalla Cina. La ferrovia elettrica Hershey, un tempo frontiera del capitalismo costruita dalla Hershey Chocolate Corporation della Pennsylvania, è oggi soggetta a una logica molto diversa, che non considera la realtà come un tutto indiviso, ma come una composizione di momenti frammentari e discontinuità. Connettere il più-che-umano con lo spazio decoloniale potrebbe rendere comprensibile come le piante, la materia e gli animali attraversino la storia, riuscendo ad essere storicamente situati, evocando testimonianze di eventi passati, pur riconoscendone le specificità, e allo stesso tempo trovarsi in una perpetua iperproliferazione, superando e sfuggendo la formattazione storica con le loro modalità uniche di evolversi, cambiare e creare costantemente qualcosa di nuovo. Gli Spagnoli portarono con sé pecore, mucche e cavalli. I primi cavalli arrivarono nelle Americhe nel 1540. Nella Cuba odierna animali come mucche, cavalli, capre, maiali, pecore e polli forniscono cibo e lavoro, e spesso si muovono liberamente, quasi senza barriere. Proprio come i membri di una famiglia allargata (paragonabili agli animali domestici nell’emisfero occidentale), alcuni animali condividono stretti rapporti con gli esseri umani. Alcuni possono accedere a uno stato intermedio tra l’addomesticato e il selvatico, altri mutano attraverso il loro coinvolgimento con l’ambiente e ripercorrono in senso opposto il processo di addomesticamento per diventare qualcosa di completamente diverso.
How we can connect the more-than-human with the historical, specifically the decolonial space without deepening violations already inflicted on both humans and nonhumans? The ‘wilderness’ of Yateras in Cuba is informed by a long and layered history. What at first sight seemed to be a pristine ecosystem turns out to be created by human and nonhuman practices. The film gathers affects and modes of activity of plants and animals whose ancestors were moved to the New World and had to colonize the new land [with their humans] as a team. On the mountainsides I found gardens cultivated in the manner used by Native Amerindians. The mango tree and bamboo that grows in the primeval looking forests originally migrated from India and China to Cuba. The electrified Hershey train, once a frontiers of capitalism and built by the Hershey Chocolate Corporation of Pennsylvania is today subjected to a very different logic that corresponds to an understanding of reality not as a undivided whole, but made of fragmentary moments and discontinuities. Connecting the more-than-human with the decolonial space might make it possible to understand how plants, matter and animals transverse history, by being both, historically situated, evoking testimonies of past events, while recognizing their specificities, and at the same time continuously overgrowing, surpassing and escaping historical formatting with their unique mode of constantly evolving, changing and creating something new. The Spanish brought sheep, cows, and horses along. The first horses arrived in 1540 in the Americas. In present-day Cuba animals such as cows, horses, goats, pigs, sheep and chickens provide food and labor, and often move around freely, almost without any confinement. Much like extended family members (comparable to pets in the western hemisphere) some animals share close relations with humans. Some can pass into an intermediate state between domesticated and wild, others change through their engagement with the environment and fully reverse their domestication to become something else entirely.

TOO CLOSE, TOO FAR

Elke Marhöfer, Giappone, 2020, 16mm > HD, 20 min.
Too Close, Too Far è una collezione di piccoli eventi che hanno luogo in un ambiente domestico, presumibilmente umano, in Giappone. La cinepresa segue attività e passività dentro la casa senza attenersi alla linearità di una narrazione. La morte di uno dei residenti, e la malattia di un altro, getta un’ombra sulle immagini che s’intessono nel ritmo serrato della vitale instabilità del quotidiano, mentre il piano sonoro o silenzioso ci ricollega alla vita nelle vicinanze immediate, creando ulteriori intrecci immaginari.
Too Close, Too Far is a collection of small events in a supposedly human household in
Japan. The camera follows the activities and passivities inside the house beyond the linearity of a narrative. Overshadowed by the death of one resident, and the illness of another, the film images weave themselves into the close rhythm of a vital instability of everyday life, while the film sound or silence connects us to life in the immediate vicinity, producing further imagined entanglements.

SHAPE SHIFTING

Elke Marhöfer, Giappone, 2015, 16mm > HD, 18 min.
With Mikhail Lylov
Restare al buio in ascolto, sentendo il crepitio della foresta, pervenendo lentamente a quel piano di esistenza che è la visione, osservando zolle terrose comporre un paesaggio dell’informe – un aldilà della forma. Shape Shifting compone un territorio permeato da attività. La pellicola 16mm innesca una sensazione specifica in termini di colore, suono e movimento di differenti territori e su scale differenti. In poco meno di 20 minuti le immagini offrono con lentezza ed eterogeneità un resoconto poetico di un peculiare paesaggio giapponese, il satoyama, e del modo in cui esso attiva una composizione di attività umane e più-che-umane. La questione del territorio si estende oltre la concezione riduttiva di un’ecologia naturale in relazione con l’appropriazione da parte dell’umano, aprendosi a una dimensione spiccatamente inumana, che si potrebbe definire estetica. L’estetica come dominio dell’inumano definisce il campo stesso delle relazioni che mettono in forma il modo in cui un territorio si tiene insieme senza venirne perciò limitato. (Christoph Brunner)
Left in the audible dark, listening to the crackling sound of forest, slowly coming to the phase of existence that is vision, following earthy grounds constituting a landscape of the informe — a beyond form. The film Shape Shifting composes a territory imbued with activity. The 16 mm film activates a specific sensation of color, sound and movement of different territories and different scales. Over almost 20 minutes the images give a poetic, slow and heterogeneous account of a particular Japanese landscape, satoyama, and the way it activates human and more-than-human engagements. […] In resonance with Shape Shifting the question of the territory extends its scope beyond a reduced natural ecology in relation to human appropriation towards an utterly inhumane dimension, which one might call aesthetic. Aesthetic as a realm of the inhumane defines the very field of relations composing the way a territory holds together without being finitely bound. (Christoph Brunner)
Claire Colebrook, December 2020

Who Does the Earth Think It Is?
Soils Habit Plants
Too Close, Too Far

Christoph Brunner

Territories of Transvaluation

Berlin: Archive Books, 2015

MACHINALIVE Program 

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