Sílvia das Fadas, artista e curatrice portoghese, lavora a un film-saggio sul concetto di sabotaggio come forma di salvaguardia del pianeta. In attesa di poter proiettare per noi, fisicamente, il film in 16mm, ci racconta la sua ricerca all’interno di una foresta. Con i film di: Marwa Arsanios, Mikhail Lylov, Elke Marhöfer, Brigid McCaffrey, Luísa Homem.
FERA ANCESTRAL
Silvia das Fadas
Portuguese artist and curator Sílvia das Fadas is working on a film-essay on the concept of sabotage as a form of safeguarding the planet. Waiting for us to be able to physically screen the film in 16mm, she tells us about her research inside a forest. Featuring films by Marwa Arsanios, Mikhail Lylov, Elke Marhöfer, Brigid McCaffrey, Luísa Homem.
image credit © Silvia das Fadas, Luz, Clarão, Fulgor, 2021, Courtesy of the artist.
FERA ANCESTRAL
Appunti per un film che sogna ad occhi aperti di accarezzare la terra
Lingua italiana
FERA ANCESTRAL
Notes towards a film that daydreams of caressing the earth
English language
NOMADICA – To caress the earth
“Non si vuole conquistare la terra, si vuole accarezzarla” (JMS)
Un programma in tre respiri, attraversando e tessendo una cinegeografia che sia un prendersi cura della terra. Un augurio che il divenire-con i film di Marwa Arsanios, Luísa Homem, Mikhail Lylov, Elke Marhöfer e Brigid McCaffrey possa amplificare la nostra capacità di accarezzare ed essere accarezzati dal mondo, amplificando i confini della nostra immaginazione ecologica.
– Sílvia das Fadas
NOMADICA – To caress the earth
“One doesn’t want to conquer the earth, one wants to caress it” (JMS)
A program in three breaths, crossing and weaving a cine-geography of earthcare. May a becoming-with the films of Marwa Arsanios, Luísa Homem, Mikhail Lylov, Elke Marhöfer, and Brigid McCaffrey, enhance our ability to caress and be caressed by the living world, extending our ecological imagination.
– Sílvia das Fadas
The film program was online on May 5-12 2021. Il programma dei film è stato online dal 5 al 12 maggio.
Who’s Afraid of Ideology?
– Marwa Arsanios
Part I & Part II, 2017-2019, 57 min, digital video (sub ita & eng)
Part III Micro Resistances, 2020, 31 minutes, digital video (sub ita & eng)
Riaffermare le basi fondamentali della vita in opposizione alle macchine dello sfruttamento capitalista rappresenta il cuore della lotta anticoloniale contemporanea per i cambiamenti politici e sociali, e sono proprio le donne a condurre questa lotta su diversi fronti. I tre film di Marwa Arsanios Who is Afraid of Ideology? (2017-2020) tessono un percorso intersezionale ripercorrendo le lotte che le donne stanno portando avanti in luoghi come la Siria settentrionale e la Colombia per rivendicare il diritto alla terra e per riconnettersi con la natura in modo non mediato. Autodifesa, eco-femminismo, proprietà, guarigione, resistenza al controllo statale, autonomia, collettività, lotta indigena, protezione dei semi, diritti sulla terra definiscono il terreno comune delle donne che resistono alle industrie estrattive.
Come scegliamo di vivere e sopravvivere oggi? Possono le ideologie essere trasformative? Come possiamo incoraggiare la vita in contesti bellici e militari? Le domande senza tempo di Arsanios sondano non solo i modi in cui ideologia e teoria vanno a braccetto con la praxis, ma si interrogano anche sul modo in cui “noi” riusciamo a incorporare queste stesse risposte al di fuori dei circoli di lotta. Who’s afraid of ideology? Parte I (2017) e Parte II (2019) è costruito attorno alle interviste che l’artista ha condotto con i membri del Movimento delle donne autonome curde nel Kurdistan iracheno e in Jinwar, una comune per sole donne nel nord della Siria, esplorando le possibilità di una prassi politica basata su un’esistenza di lotta armata e vicina alla natura. Durante la produzione dei film, Arsanios ha organizzato diversi incontri con donne contadine e con femministe ecologiste provenienti da Siria, Libano, Colombia, Messico, India, Polonia, Danimarca e Grecia in modo da scambiare con loro conoscenze relative alle loro cooperative e alle loro comuni.
Who’s afraid of ideology? Parte III – Micro Resistances (2020) attinge a questi intensi scambi e ai filmati girati in parte nel sud di Tolima, in Colombia, focalizzandosi sulla guerra sistematica che le corporazioni transnazionali stanno portando avanti contro l’elemento più piccolo ed essenziale della vita: il seme. L’ultimo film della trilogia crea un collegamento tra la violenta storia dell’omicidio e delle epurazioni e le vicende dei guardiani del seme. (Ovul Durmusoglu – Biennale di Berlino)
Reasserting the fundamentals of life against machineries of capitalist exploitation is the core of today’s anticolonial struggle for wider social and political change, and women are fighting on its different frontiers. The three films of Marwa Arsanios’ Who is Afraid of Ideology? series (2017–2020) weave an intersectional path through these struggles of women—in places such as Northern Syria and Colombia—to claim the right to the land and to reconnect with nature in an unmediated way. Self-defense, eco-feminism, ownership, healing, resisting state control, autonomy, collectivity, Indigenous struggle, seed protection, and land rights define the common ground of women who are resisting extractivist industries.
How are we choosing to live and survive today? Can ideologies be transformative? How can life be fostered within the context of military conflict and war? Arsanios’ timely questions probe not only the ways in which ideology and theory coincide with living practice but also whether “we” who are outside these circles of struggle can embody answers. Who is Afraid of Ideology? Part I (2017) and Part II (2019) are shaped around interviews the artist made with members of the Kurdish Autonomous Women’s Movement in Iraqi Kurdistan and Jinwar, a women-only commune in northern Syria, exploring the possibilities of a political praxis based on an existence close to nature and within armed struggle. While producing the films, Arsanios organized different meetings with women farmers and ecological feminists from Syria, Lebanon, Colombia, Mexico, India, Poland, Denmark, and Greece to exchange knowledge around their cooperatives and communes.
Who is Afraid of Ideology? Part III – Micro Resistencias (2020) draws from these intense exchanges and footage partly filmed in the south of Tolima in Colombia, focusing on the ongoing systemic war waged by transnational corporations against the smallest and the most essential element of life—the seed. The last film in the trilogy connects the violent history of murder and purge to the seed guardians. (Ovul Durmusoglu – Berlin Biennial)
Part I & Part II
Part III Micro Resistances
Becoming Extinct (Wild Grass)
– Elke Marhöfer
2017, 23 minutes, silent, 16mm transferred to HD
Il film e il progetto di ricerca rappresentano un’esplorazione nelle ecologie dell’estinzione e della sopravvivenza cooperativa nelle steppe della Russia meridionale.
È difficile pensare assieme i concetti di estinzione e di divenire. Entrambi sono qualcosa di più di una metafora, e nessuno dei due offre una facile via d’uscita. Relegando sempre più specie ai margini, l’estinzione evidenzia lo straordinario livello di sconvolgimento e di precarietà che il legame tra scienza e capitalismo ha imposto alla nostra e alle altre specie. La maggior parte delle creature e dei luoghi della terra sono stati infatti misurati, consumati, esauriti, infettati, eliminati oppure uccisi. Il divenire aggiunge poi una dimensione affettiva al nostro rapporto con l’ambiente e aiuta a cogliere la sparizione delle specie, non tanto come processo definitivo e di distruzione, quanto come processo transitorio. Divenire-con-i-morti mobilita la nostra immaginazione per pensare un futuro senza riconciliazione e senza un posto dove nascondersi, sposa la lotta per una sopravvivenza collettiva insieme al non umano. Per rendere possibile tutto ciò dovremo ristabilire un approccio inclusivo alla conservazione e alla sopravvivenza ecologica, in cui la riproduzione umana non sarà più l’elemento principale. Potremo così iniziare a percepire ciò che ci circonda non come il “nostro” ambiente, il “nostro” clima, la “nostra” epoca, la “nostra” sopravvivenza, i “nostri” film o le “nostre” immagini. Il progetto punta proprio a questo, concentrandosi su aspetti diversi come un rilevamento di piante, uno scavo archeologico di cavalli del tardo Paleolitico, un progetto di ripristino ecologico dei prati, i cianobatteri. Proprio i raggruppamenti di cianobatteri hanno innescato ciò che è stato chiamato il Grande Evento di Ossigenazione e cambiato drasticamente il metabolismo e la composizione del pianeta. I gas più inospitali presenti nell’atmosfera della giovane Terra convertiti in ossigeno hanno reso così possibile la vita vegetale e animale conducendo al contempo all’estinzione gli organismi anaerobi intolleranti all’ossigeno. (Elke Marhöfer)
The film and research project is an exploration in ecologies of extinction and collaborative survival in the Southern Russian steppes.
The two concepts of extinction and becoming are difficult to think together, both are more than just a metaphor and none of them offers an easy way out. Tossing more species to the margins increasingly faster, extinction highlights the extraordinary level of disturbance and precarity that the bonding of science and capitalism has imposed on our and other species. Most creatures and places of the earth have been measured, consumed, exhausted, infected, eliminated, and otherwise killed. Becoming adds an affective dimension to our relation with the environment and helps to grasp the disappearance of species, not only as destructive and final, but as transitory. Becoming-with-the-dead mobilizes our imagination for a future life without reconciliation or a place to hide. It embraces the struggle of a collective survival together with the nonhuman. To make this possible, we might need to establish an inclusive approach to ecological conservation and survival, where human reproduction is not the most important factor. We might begin by perceiving the world not as “our” environment, “our” climate, “our” epoch, “our” survival, “our” films, or “our” images. Attempting to do this, the project focuses on plant sensing; an archeological excavation of horses from the late Palaeolithic period; an ecological restoration project of grassland; and cyanobacteria. Assemblages of cyanobacteria sparked what is called the Great Oxygenation Event, dramatically changing the metabolism and composition of the planet by converting the more inhospitable gases in the young earth’s atmosphere into oxygen, making plant and animal life possible, but also leading to the extinction of oxygen-intolerant anaerobe organisms. (Elke Marhöfer)
Two Excursion into the Montains
– Mikhail Lylov
2020, 14 minutes, digital video
Mi è stato chiesto di fare un cortometraggio sull’ecologia dei fiumi di montagna di uno specifico luogo del Giappone. Appena ho cominciato a editare il materiale, è sopraggiunta in me l’idea di utilizzare il racconto di Kafka “Escursione in montagna”. Alla fine, il film segue due escursioni. Nella prima escursione manteniamo un atteggiamento responsabile, indaghiamo i problemi e cerchiamo soluzioni per imparare qualcosa di utile. Nella seconda escursione tutto ciò che è stato “appreso” viene sconvolto, portando a dimenticare quanto imparato.
“Escursione in montagna” di Kafka si è così manifestata sotto una strana luce, appena ho smesso di pensare alle “montagne” come a un’allegoria. Dopo aver associato le parole del racconto alle immagini a cui potevano riferirsi, mi si è manifestata una inaspettata lettura ambientalista. La montagna ha iniziato così a parlare e non a essere parlata: gli insetti, il fiume, la sabbia e le piante leggono ad alta voce Kafka. (Mikhail Lylov)
I was asked to make a short film about the ecology of mountain rivers in a particular place in Japan. After I started to edit the material, the idea to use Kafka’s short fiction story “Excursion into the Mountains” gradually took over. In the result, in the film one actually goes on two different excursions. First excursion has a responsible attitude to it, we investigate the problems and search for solutions in order to learn something useful. The second excursion unsettles that “learning”, perhaps makes one forget what has just been learned.
Kafka’s “Excursion into the mountains” suddenly emerged in a strange light, when I stopped to think about the “mountains” as an allegory. After placing words of the story over the images to which they could rather literally refer, an unexpected environmental reading of the story appeared. The mountain started to talk and not being talked about: the insects, the river, the sand and the plants read Kafka aloud. (Mikhail Lylov)
italiano
english
Bad mama, who cares
– Brigid McCaffrey
2016, 12 minuti, 16mm original, 35mm exhibition
La geologa Ren Lallatin si è trasferita in un piccolo complesso residenziale situato tra uno scalo ferroviario e l’interstatale. I panorami del deserto sono sostituiti da un arsenale di attività tattili, mentre la situazione della casa diventa instabile. In caduta libera da un punto fisso, il perimetro è ornato per sicurezza. I venti del deserto animano sculture mobili di alluminio e le vibrazioni sismiche fanno una serenata alla casa.
Geologist Ren Lallatin has moved into a small housing complex located between a rail yard and the interstate. Desert vistas are replaced with an arsenal of tactile pursuits, while the situation of the house becomes unstable. Free falling from a fixed point, the perimeter is ornamented for security. Desert winds animate aluminum mobiles and seismic vibrations serenade the home.
Paradise Springs
– Brigid McCaffrey
2013, 33 minuti, digital video (eng sub ita)
Viaggiare e vivere per cinque anni nel deserto del Mojave hanno permesso che la geologa Ren Lallatin instaurasse dei veri e propri rapporti intimi con le formazioni geologiche del deserto stesso. Ren studia il deserto, ne traccia le sue storie vulcaniche e le sue attività sismiche, individua le sorgenti d’acqua e i resti dei precedenti abitanti, identifica nel paesaggio caratteristiche che le permettono di nascondersi di volta in volta dalla vista degli altri. Il film segue la geologa mentre descrive i suoi rapporti con il mondo naturale, dichiarando apertamente il suo rifiuto di accettare le norme che regolano la gestione della terra e la sua privatizzazione. (Brigid McCaffrey)
Five years of traveling through and living within the Mojave Desert have instilled in geologist Ren Lallatin intimate relations to its geological formations. She studies the desert, tracing its volcanic and seismic actualities, locates water sources and the relics of previous inhabitants and identifies landscape features that will conceal her mobile shelter from public view. The film follows the geologist as she describes her interactions with the natural world, while declaring her rejection of land regulation and privatization. (Brigid McCaffrey)
online per 24h dalle h18.00 di venerdì 7maggio online for 24h only from Friday May 7 at 6 PM (Rome time)
Suzanne Daveau
– Luísa Homem
2019, 119 minuti, super 8 trasferito in HD (sub ita)
Nelle parole della geografa franco-portoghese Suzanne Daveau, “Non c’è scienza né progresso del pensiero senza amore, senza passione, senza identificazione, anche quando ci concentriamo su cose apparentemente prive di vita, come l’evoluzione di un pendio o la genesi di un acquazzone. Si potrebbe forse applicare una tecnica con pura oggettività, ma non si può avere la certezza di scoprire qualcosa di nuovo se il ricercatore non è pienamente coinvolto nell’argomento che sta cercando di approfondire”.
Suzanne Daveau tratteggia le vicende di una donna avventurosa che attraversa il XX secolo fino ai nostri giorni, guidata dalla sua passione per la geografia investigativa. Il film volteggia tra spazi aperti e spazi privati, ripercorrendo sia gli innumerevoli luoghi attraversati dalla geografa, sia le mura domestiche che hanno accolto la sua vita più intima. (Luísa Homem)
In the words of French-Portuguese geographer Suzanne Daveau, “There is no science, nor progression of thought without love, without passion, without identification, even when we focus on things apparently devoid of life, such as the evolution of a slope or the genesis of a downpour. You could, perhaps, routinely apply a technique with pure objectivity, but under no certainty could you discover something new unless the researcher were fully involved in the topic that he was trying to investigate”.
Suzanne Daveau traces the outline of an adventurous woman that crosses the 20th century right up to modern day, guided by her passion for investigative geography. The film circles between the innumerable world-spaces roamed by geography and the reserved home-spaces that welcomed her private life. (Luísa Homem)
Sílvia das Fadas è una regista, una ricercatrice socievole e un’educatrice che vive nel sud del Portogallo. Ha conseguito un MFA in Film and Video al CalArts (USA), è stata cooperation fellow all’Akademie Schloss Solitude nel 2019 e visiting fellow al Center for Place Culture and Politics, The Graduate Center, CUNY, nel 2020. Attualmente è candidata al PhD-in-Practice presso l’Accademia di Belle Arti di Vienna sostenuta da una borsa di studio FCT. La sua filmografia rifiuta la digitalizzazione del mondo e include “Light, Blaze, Fulgor – Auguries for a Non-Hierarchical Framing and flourishing” (2017-in corso), “The House Is Yet to Be Built” (2015-2018), “Square Dance, Los Angeles County, California, 2013” e “Apanhar Laranjas/Picking Oranges” (2012). È interessata alla politica intrinseca alle pratiche cinematografiche e al cinema come un modo di stare insieme nell’inquietudine e nella frammentarietà.
Sílvia das Fadas is a filmmaker, a convivial researcher, and educator based in southern Portugal. She holds a MFA in Film and Video from CalArts (USA), was a cooperation fellow at the Akademie Schloss Solitude in 2019, and a visiting fellow at the Center for Place Culture and Politics, The Graduate Center, CUNY, in 2020. She is currently a PhD-in-Practice candidate at the Academy of Fine Arts Vienna supported by a FCT scholarship. Her filmography refuses the digitalization of the world and includes “Light, Blaze, Fulgor — Auguries for a Non-Hierarchical Framing and flourishing” (2017-ongoing), “The House Is Yet to Be Built” (2015-2018), “Square Dance, Los Angeles County, California, 2013” and “Apanhar Laranjas/Picking Oranges” (2012). She is interested in the politics intrinsic to cinematic practices and in cinema as a way of being together in restlessness and brokenness.